In occasione della seconda Edizione della Settimana della Cucina Italiana
“Un Caravaggio di campagna”
Collezione di nature morte nonché oli su tela e cartone di frutta e verdure, di cacciagione, databili tra gli anni trenta e settanta del secolo scorso dipinti da Virgilio Forni un singolare artista (amico dei maggiori autori dell’epoca e da essi stimato) esposte in rare occasioni al pubblico.
La collezione appartiene alla Fondazione Sartirana Arte – Pavia.
La mostra sarà inaugurata il 20 novembre 2017 presso l’Hilton Hotel – Amsterdam e sarà disponibile per due settimane.
VIRGILIO FORNI
Nato nel pavese nel 1888 da una famiglia di agricoltori latifondisti, volle laurearsi in ingegneria chimica, ma si occupò per tutta la vita di problemi agricoli, sia come conduttore delle proprie aziende, sia ricoprendo importanti cariche pubbliche. Rifiutò candidature al Parlamento, dissociandosi dal regime fascista, ma fu Presidente di Confagricoltura e, per un lungo periodo, dell’Ente Nazionale Risi.
La sua esperienza artistica inizia quasi per caso, come bene risulta dal primo testo critico sul sul suo lavoro di pittore (che pubblichiamo) in occasione della sua prima ed unica mostra milanese.
Leonardo Dudreville fu il “colpevole” della sua iniziazione a pennelli e colori, compagno di battute di caccia e di frequentazioni artistiche.
Gli anni della sua Presidenza a Milano lo avvicinarono a Carlo Cardano ed agli artisti che esponevano alla Galleria del Naviglio, da lui diretta. Scanavino e Dova, Fontana e Sassu, Fabbri, Carrà e molti altri protagonisti dell’Arte italiana del Novecento. Gli stessi che, “a sua insaputa”, gli organizzarono la mostra da Ranzini nel 1952, cui si aggiunsero i nuovi amici liguri.
Ad Albisola infatti, luogo di vacanze della famiglia, si consolida il rapporto di Forni con gli artisti del “Naviglio”, in estate ospiti (per invito ed intercessione del Nostro, che al mare si annoiava )del Ristorante Pescetto. Il cui proprietario, vero mecenate, offriva Loro vitto ed alloggio in cambio di opere. Tanto che in pochi anni il ristorante diventò sede di una fantastica collezione permanente.
Ora donata (o ceduta) da Pescetto al Comune di Albisola ed a Fondazioni e Musei.
Le grandi “nature ” di Fontana ornano il lungomare della cittadina, mentre la Fondazione Sassu ospita i trenta metri lineari di pannelli dipinti a tempera da Aligi, al tempo decorazione in progress del ristorante e del suo magnifico giardino, con scene della quotidianità dei riti del cibo e del diletto dei clenti.
Quasi una favola, che nulla ha da invidiare a simili esperienze dell’ottocento francese.
Anche il bar Ghersi era luogo di incontri artistici e letterari, frequentato da scrittori e giornalisti famosi, poeti.
Montale e Calvino per tutti, con Milena Milani ed altre sacerdotesse della cultura del tempo.
Albisola è anche storica sede, con la vicina Savona, di celebri fabbriche ceramiche. Tra queste quella di Tullio di Albisola, dove già gli artisti futuristi andavano a cuocere i loro lavori in terra creta. Memorabile le mostre “terra e fuoco ” degli anni ’50 e ’60, le cui opere più belle sono diventate collezione permanente del Museo di Villa Faraggiana.
Con la sollecitazione di Forni, Carlo Cardazzo volle invitare anche i suoi artisti del …Nord.
Gli scapigliati del Gruppo Cobra.
E Forni divenne amico anche di Jorn ed Alechinsky, di Appel e Corneille… tutti sempre ospiti del mitico Pescetto (che però finì per rovinarsi economicamente, più per il gioco d’azzardo che per la sua lungimirante prima passione).
Forni, nelle giornate con gli amici pittori… guardava. Li guardava dipingere.
E dipingeva. Senza mai però abbandonare la propria vena figurativa, spesso oggetto di accese discussioni, specie con Fontana, che apprezzava il suo lavoro, tanto da voler un suo quadro di funghi. Voleva scambiarlo con una sua tela di tagli. Forni, ahimè, rifiutò…
Ma continuò per tutto il tempo a venire a dipingere le verdure e la frutta che coltivava nel suo orto, alternando gli impegni ufficiali alle sedute nel suo studio di pittore, al Castello di Valeggio o nella grande casa di Mortara, dove portava i suoi carnieri di caccia. Altri soggetti amati quelli delle prede freddate dal suo fucile, stese quasi in posa accanto ad un libro. O ad un vaso. Senza nessuna relazione con Morandi, di cui era buon conoscente e collezionista di incisioni. Sempre lavorando con morbidi colori ad olio, che stendeva su tela o cartone, sino al 1968.
Quando, già molto malato, mandò me, nipote studente di medicina e suo infermiere, al funerale del suo amico Lucio Fontana.
Con un mazzo di ortensie del proprio giardino.
Giorgio Forni
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